Da piccolo nessuno me ne aveva parlato, mia madre però mi aveva insegnato quello che i cristiani chiamano il “segno di croce” e per me, quello, era solo un gesto ripetitivo, senza contenuto. Solo a distanza di anni cominciai a riflettere sul mistero di Dio Trinità, quel mistero che Agostino d’Ippona aveva indagato da giovane ma che comprese da vecchio, trasferendo la sua indagine in un libro la cui stesura durò circa vent’anni. San Pio X insegnò, nel suo catechismo, che due sono i misteri principale della fede cristiana: Trinità ed Incarnazione.
Ma come si poteva arrivare a intendere questo Dio?
Una delle prime acquisizioni da studente di teologia, fu quella di comprendere che il mistero del Dio Trinità divenne conoscibile perché Lui e non noi, decise unilateralmente di venirci a cercare attraverso Gesù mostrandosi a noi e parlandoci di sé; per noi, infatti, era impossibile arrivare a lui con le sole nostre forze, avremmo forse trovato un Dio uguale o simile a tante altre ricerche vive e presenti in altre religioni, ma non la Trinità. Per me restava vero che le tracce di quell’unico Dio era possibile trovarle in questo nostro mondo e persino in noi stessi, ma il Dio nascosto, il Dio ancora ignoto (Atti 16,23) è stato mostrato solo attraverso Gesù. Noi non l’avremmo potuto mai intuire da soli e d’altra parte come avremmo potuto pensare una Trinità di persone senza ridurli “ragionevolmente” a tre dei indipendenti l’uno dall’altro oppure ad un Dio solitario come ce ne sono in moltissime altre religioni? Come avremmo potuto scoprire il mistero del Dio che è Amore (ἀγάπη – caritas) e pensarlo come un Dio non isolato e tripersonale, come avremmo raggiunto Dio Amore, un Dio che è in se stesso Amore generante senza principio (Dio Padre), Dio Amore generato (Dio Figlio), Dio Amore spirante e procedente (Dio Spirito Santo), senza mai dire sono tre dei ma piuttosto: sono un solo Dio in tre persone? Noi non non l’avremmo mai potuto scoprire. Tutta la storia del pensiero antico non conosce nessuna Trinità ma solo monoteismo e politeismo, uno o molti. Così conoscevo Gesù ma non intendevo il senso della Trinità.
Un Dio siffatto è impensabile e per questo poteva essere solo un Dio rivelato (o viceversa).
Ora tutto iniziò con Gesù il Rivelatore del Padre e donatore dello Spirito (insieme al Padre). Non noi ma Gesù ci fece amare questo Dio per prima. Giovanni, l’apostolo amato da Gesù scrive: “Non siamo stati amare noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi ed ha mandato suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4,10). Lui che doveva sembrare ai suoi conterranei come il figlio di una donna ebraica, aveva osato chiamare Dio: Abbà, padre suo. Nessuno prima di Lui aveva osato dire tanto. Abbà suonava a loro come una dichiarazione di intimità non concessa ad un mortale. Così Abbà, (papà) fu l’inizio di un nuovo modo di pensare Dio. Un Dio che è intimo, non lontano, non contro l’uomo, non antagonista del vero bene. Da qui, proprio da questo grande punto luminoso doveva sorgere nel mondo la fede nel Dio dei cristiani: la santissima Trinità. Da quando Gesù affermò: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30) si badi: “Una cosa sola” non “siamo la stessa cosa”, tutto è cambiato.
Da piccolo mi dissero che Dio era Padre Figlio e Spirito Santo, ma solo da grande, dopo lunghi anni di studi, quella conoscenza aveva cominciato a toccare la mia vita, essa, come conoscenza, mi appare oggi come il grande modello da imitare in ogni ambito di vita e di sapere e, come esperienza, la penso come il grande dono che trasforma ogni giorno la mia vita.
Scoprire oggi ed indagare con la mente il mistero della Trinità, così come la Chiesa crede, significa oggi esattamente scoprire la direzione decisiva della mia esistenza.
Tutto il perfetto si trova li, tutto è dato nell’inizio.
Anche io seguendo Agostino “ho desiderato vedere con l’intelletto ciò che ho creduto“. (Agostino, La trinità, XV, 28,51)