… Non esiste però, con tutto questo, nessuna ragione che imponga di rinunciare all’esperienza dell’ammirazione e dello stupore che l’esistenza stessa delle cose e la meravigliosa organizzazione della natura suscita nella mente dell’uomo. Una volta che la pregiudiziale ideologica – sia essa forzatura della scienza, sia essa forzatura della filosofia – ceda il posto all’onestà intellettuale del sapere, questa ammirazione appare una costante dell’esperienza dello scienziato come del filosofo. Questa ammirazione è pur sempre l’effetto ripetuto della conoscenza: che si approfondisce, in entrambi i domini della ragione, trovando sempre nuove corrispondenze nella realtà. L’intelligibilità del mondo appare veramente inesauribile: e l’esperienza di quella intelligibilità conferma che la nostra spontanea fiducia nella capacità del mondo di corrispondere alla razionalità dell’uomo è ben fondata.
…L’ordine che si fa trovare dalla ragione, precede sempre quello che la ragione cerca di portare. E anzi, lo rende possibile. Non c’è nulla di più emozionante di questo riconoscimento, nell’avventura della conoscenza. Dopo tutto, a fronte dell’odierna «crisi ecologica», possiamo ancora riconoscerci nell’acuta osservazione di san Tommaso d’Aquino, che aveva già considerato degno del massimo stupore il misterioso ordine delle corrispondenze che stabilisce affinità riconoscibili negli elementi del creato. Le singole realtà del mondo creato non sono in grado di fissare, unicamente in base alla loro costituzione interna, le compatibilità e le coerenze dell’insieme. Lo scarto fra la limitazione intrinseca alla loro auto-organizzazione, e la logica unitaria dell’insieme in cui si iscrivono, eccede la nostra capacità di decifrarne la chiave ultima. Questo scarto, e rispettivamente questa eccedenza, possono essere interpretate come un indizio del mistero della creazione di Dio: che non si lascia totalmente oscurare o annientare dall’esperienza del disordine e del male. Il male ci fa prendere coscienza precisamente della nostra incapacità di dominare e di ricomporre perfettamente il rapporto dell’universo con i suoi stessi elementi e con la nostra esistenza.
“Quando noi domandiamo: ‘Perché crediamo in Dio?’, la prima risposta è quella della nostra fede […] Tuttavia, questa fede in un Dio che si rivela trova sostegno nelle argomentazioni della nostra intelligenza”. E’ vero, d’altro canto, che affermare l’esistenza di Dio come causa dell’Universo lascia aperte numerose questioni. Chi è questo Dio? Quale incidenza egli ha, concretamente, sulla mia vita? Che cosa vuole da me? Che cosa fa per me? I cristiani argomentano queste domande, nell’orizzonte condiviso della riflessione filosofica, anche per mostrare la coerenza dell’insegnamento della fede con l’interrogazione dell’uomo circa il senso. Questo dinamismo del nostro umano interrogare impone un approccio più rigoroso e preciso a ciò che la fede realmente pensa, elaborando le condizioni della sua umana intelligibilità. Non basta, ad esempio, affermare semplicemente che Dio è unico. Si tratta di comprendere in quale senso viene intesa questa affermazione: si deve dunque stabilire come Dio sia unico, e che cosa questo significhi per la sua relazione con il mondo e gli uomini. Il compito ecclesiale della teologia include certamente l’impegno intellettuale di questa chiarificazione.
Commissione Teologica Internazionale, Dio trinità, unità degli uomini. Il monoteismo cristiano contro la violenza, nn. 73.76
(qui il testo completo:
http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/cti_documents/rc_cti_20140117_monoteismo-cristiano_it.html#4._La_forza_della_pace_con_Dio,_missione_della_Chiesa )