Fin dall’antichità nello sguardo del sapiente verso la natura del mondo visibile si sprigionava un grande insegnamento che tocca il senso dell’esistenza e l’autenticità del nostro vivere quotidiano. Il mondo (e la storia) si percepivano come maestri ed educatori del corretto vivere.
Specialmente la natura del cielo e degli astri, del mare e della terra con i suoi alberi semi e frutti, appariva ordinata, elegante a tratti teofanica. Essa – si disse – non fa nulla a caso, non procede per salti, non mischia i registri, ma conserva sempre una sua intrinseca razionalità; e così, ciò che è primo prepara sempre un dopo, in modo che senza quel “primo” nessun “dopo” è dato. Insomma, senza seme non c’è pianta, senza tronco non ci sono rami, senza fiore non c’è frutto. Per quello che è l’esperienza comune, tutto procede lentamente e con inesorabile consequenzialità. Ogni piccolo cambiamento prepara, almeno in potenza, il successivo. Anche per questo molti dei grandi progetti educativi dei fanciulli facevano spesso riferimento a quel modello “naturale”.
Ma a volte la natura non si comprendeva fino in fondo e dietro i fenomeni, dietro il suo apparire, si nascondeva qualcosa di irraggiungibile e misteriosa. Sorprendentemente si trovavano al suo interno cose inaspettate ed addirittura esistevano vere e proprie mutazioni.
In questo senso la natura si mostrava oltre che ordinata anche imprevedibile, nuova.
Così anche in ogni vita umana, nel nostro autentico esistere c’è un ordine consequenziale ma anche un’imprevedibilità.
Anzi per l’uomo, per la sua esistenza, la possibilità del cambiamento, il porre ad un certo punto della propria vita un principio di novità è regola fondamentale. Se tutto si ripete la vita si appiattisce e si uniforma, al contrario nell’agire autenticamente umano guidato da saggia decisionalità si palesa questo novum. Infatti più che necessità ogni storia umana può pensarsi come un insieme di possibilità, un fascio di cammini possibili, che tuttavia non sono infiniti. Queste possibilità si radicano comunque in un tessuto che li precede e li fa sorgere. Chi non ha mai studiato medicina non può pretendere di poter diventare chirurgo, e così anche sul piano soprannaturale il “prima” abilita al “dopo” per cui chi non è abitato dalla grazia di Dio non può pensare di convertire, purificare e santificare la propria vita.
Le buona radici sono perciò necessarie in ogni campo e lavorare senza presenza di presupposti è, nell’ordine della natura, una dichiarazione anticipata di fallimento.
In definitiva, tutto ciò che vorremo di buono e di vero per noi non nasce dal nulla, ma è sempre, ordinariamente, un frutto quel qualcosa che precede e che deve esserci.
Donami Signore la tua luce perché possa vedere cosa cambiare in vista di Te, Dio della vera vita.