Una cosa mi pare chiara, benessere e felicità non sono la tessa cosa, dato che si può star bene e non essere felici. Chi cerca il benessere può stare fermo, seduto, ma chi cerca la felicità deve mettersi in cammino, deve agire.
Io credo che l’andare verso la felicità non sia un affare da giocarsi nel possesso di cose o nella pigra compravendita di titoli e di posizioni. Felice è chi riesce nel bene e nella bellezza. Chi ha un costruito lentamente un modo di essere e di vivere, chi ha scoperto la verità di se stessi e la sua giusta collocazione nel mondo. In una parola: felice è chi vive la vocazione scritta dentro il suo cuore. Per questo la persona felice è sempre in ricerca, sempre in movimento, creativa. Attraverso un agire disciplinato egli decide di camminare nella luce, in ascolto attento della realtà e di Dio.
Ne sono convinto, la felicità non è mai qualcosa che si possiede come le chiavi di casa, in tasca. No! c’è invece sempre un equilibrio da mantenere, una scelta da fare tra desideri, bisogni, necessità.
La felicità è dunque amica dell’invisibile, alleata dell’anima. Chi la pensa come un possesso ottenuto una volta per tutte ha sbagliato la risposta da dare alla sua esistenza.
Non per nulla anche il mondo antico, parla di una felicità come dono, come un traguardo raggiunto, una grazia che matura sull’albero dell’impegno personale, del merito, della conoscenza misurata di se stessi.
Strada faticosa, ardua ma vera, che non delude.
Anche il Vangelo parla di felicità, con un’ampiezza diversa. Esso lo fa consistere in quella stabile corrispondenza del cuore con la parola di Dio, che non viene meno neppure quando sopporta le inevitabili sofferenze e il sacrificio di se stessi per la vita degli altri. Grande è il paradosso cristiano della felicità!
Credo che le nostre città sono divenute aride, povere di felicità, esattamente perché manca la crescita interiore. La rabbia, la litigiosità sulle cose spicciole, l’invidia e la gelosia, fino alla violenza di genere, nascono tutte da anime malate, perse. Nessuno più bada a quella voce interiore che bussa e richiama alla vita autentica. l’abbiamo abortita prima di nascere e nessuno ha la forza di indicare nuove vie, nuovi orizzonti. Noi li abbiamo sotterrate da altre passioni insane.
Per questo cerchiamo la via più breve e meno faticosa, cerchiamo il benessere, e lo volgiamo nella forma più basica possibile, cerchiamo un corpo senz’anima, un cibo senza progetto, una tecnica senza virtù, un’abbigliamento pieno di seduzione. Noi cerchiamo esattamente ciò che non è utile in termini di crescita interiore. Basta avere soldi e utili amici.
É triste è osservare come persino le grandi feste cristiane sono diventate occasione per fare altro e non per vivere il loro messaggio di vita. Festa per noi significa cercare cose e non vita. E così, alla fine della fiera, tutto è racchiuso nel visibile e parole come santità, virtù, merito, cammino interiore, bellezza sono diventate oggetto di derisione.
Ormai si vive così. Modificando il nostro vocabolario abbiamo modificato lo sguardo sulla vita.
Pax.