Noi siamo tempo consacrato | Pensieri

Me lo sono chiesto più volte, in tempi diversi della mia vita, la risposta però rimane la stessa, anche se con livelli di profondità differenti.

Quando la mia vita cambia direzione? Quale forma di agire – perché se resto fermo mi irrigidisco nella routine – è così forte da modificarmi in profondità? Io penso che cambiare significhi avere la forza e la pazienza di consacrare il mio tempo. Consacrare nel senso etimologico più puro: Sottrate al mio tempo un uso improprio per destinarlo a ciò che veramente ha valore (e il valore lo codifica il Vangelo).

Consacrare è parola fuori tempo. La si usa raramente.

E questo è un segnale che non ci tranquillizza. Le parole sono il riflesso della realtà. Se mancano vuol dire che la realtà significata da quella parola rimane nascosta o forse irraggiungibile.

Ora, per andare a fondo alla domanda iniziale, alcuni dicono che noi siamo tempo, cioè che il nostro corpo lo incorpora come nervatura interiore di ogni singola cellula. Altri in modo più sbrigativo affermano che il tempo non esiste, che è solo un’astratta indicazione di misura tra un punto e un altro, qualcosa che vive solo sui nostri orologi o su un calendario appeso al muro. 

Io penso invece che ognuno di noi è esattamente ‘tempo consacrato’, è frutto di un tempo vissuto costantemente in una certa direzione ed in un certo modo. 

Penso sempre con più convinzione, che non viviamo in modo autentico se ci riferiamo solo al Kronos, al tempo che si vede sul nostro polso o sul telefonino. Al kronos va aggiunto altro, perché noi rinasciamo continuamente da una passione che consacra tempi e momenti alla cura di noi stessi, degli altri e del mondo che ci sta intorno. In questo modo il tempo non è subito ma offerto. Si amplifica, si prolunga, non è soggetto a scrolling, ed è vissuto in modo fertile ogni volta che con attenzione ci rivolgiamo verso un dono, una carisma, un ideale, una persona o una comunità. Tutto ciò ci cambia profondamente.

La vita vera esige tempi lenti, come lenta è l’assimilizzazione della rugiada del mattino sulla foglie e sui prati, lontani da violenze, competitività o agitazioni. Solo questo ciò può trasformarsi in vita vera.

Se il mondo con i suoi ritmi e i suoi interessi chiede continuamente consacrazione, dedizione a sé senza dispersione, oggi diciamo spesso fidelizzazióne, a maggior ragione la nascita di uomini e donne secondo Dio, per diventare autentici, esigono ‘tempi consacrati’, ‘tempi lenti’, ‘tempi impregnati di silenzio’. Lì il terreno fertile della vita appare. 

C’è poi da considerare qualcos’altro.

Poichè pensare, parlare e agire sono profondamente interconnessi, la cura di sé produce quasi spontaneamente vera socialità. Se infatti un pensiero ricorrente e meditato diventa prima o poi parola sulla nostre labbra e queste stesse parole se ricorrenti e meditate diventano prima o poi azioni capaci di plasmare il nostro modo di vivere il nostro carattere, allora consacrare del tempo a qualcosa significa innescare un processo virtuoso che ha la forza di cambiarci in persone diverse. Questo cambiamento i greci lo chiamavano epistrofè mentre i latini parlavano di conversio. Si trattava in entrambi i casi di un rivolgersi verso l’essenziale che da vita.

Così l’agire e il parlare ci cambia e il pensare cose corrette ci orienta. Ma per fare ciò – ecco il punto – dobbiamo sacrificare tempo. Dobbiamo cioè render sacro, cioè intoccabile, quel tot di tempo per dedicarlo, offrirlo interamente a cose alte e vere. Fare molte cose non serve. Fare cose autentiche – poche in verità – aiuta molto, ci trasforma. Senza questa offerta nessuna scoperta, nessuna opera d’arte, nessuna pittura, scultura, progetto umano sarebbe possibile.

La pratica del render sacro il tempo dedicato alla cura (se-gli altri-mondo), sottrarlo ad un uso indistinto cioè senza buoni fini è un esercizio spirituale che la storia di oggi ci domanda. Sacrificarsi non è più una parola che fa paura, ma è una strada, una via verso un fine umanamente rilevante. In fondo vuol dire render disponibile il potenziare di bene e di buono che sta in noi e fuori di noi. 

Render sacro il nostro tempo, perseguire cose autentiche, è di enorme importanza perché anticipa in noi e prepara fuori di noi una vita nuova ed una società più giusta. Sacrificare (fare sacra una cosa) e sacrificarsi (rendere sacro se stessi) sono pratiche che mirano semplicemente a non nutrirci di cose senza valore, cose che mummificano il cammino. Questa specie di svilimento interiore del tempo, che elimina alla radice il sacro dall’esistenza e la spinta verso l’etica di ogni nostra decisione è una malattia del tempo attuale. Poichè bisogna riconoscere che lontano dal sacrificio c’è solo apatia, alessitimia, disattenzione, superficialità, chiasso, chiacchiera, arrivando persino alla crudeltà e all’indifferenza.