La nostra vita non è fatta per l’isolamento, per chiudersi in se stessi, quasi fossimo creature che non hanno bisogno della cura degli altri. Se così fosse l’amore verso Dio e verso il prossimo non sarebbe possibile. Noi però, osserva Aristotele nell’Etica a Nicomaco, non siamo nè dei e né bestie che possono tranquillamente vivere ‘da soli’ senza nessun altro aiuto. Siamo invece umani, perché la nostra vita si espande in quanto e nella misura in cui ci relazioniamo agli altri, al mondo, e ultimamente ad un Dio che ci parla.
Si potrebbe dire, che più alta è la nostra capacità di entrare in relazione con ciò che sta al di la di noi (uomini, animali, Dio, mondo) e più grande è il potenziale di vita buona che esprimiamo in questo mondo. La fede cristiana ci viene a ricordare che siamo fatti ad immagine e somiglianza di un Dio che è in se stesso relazione perfetta di persone. La Vita vera, quella divina è esattamente rappresentata da questa relazione interpersonale che si è aperta a noi e si è fatta conoscere con Gesù e lo Spirito Santo.
Insomma il fondamento da cui tutto il creato prende origine e vita, uomini compresi, non è un singolo essere solitario e chiuso, ma una comunione vivente di persone. Questa è la singolarità del Dio dei cristiani.
Ora, che siamo esseri narranti, aperti alla relazione con gli altri, lo percepiamo quando ci accadono piccoli o grandi avvenimenti nella nostra vita. Ad esempio una grande gioia o un grande dolore. Non ce la facciamo proprio a chiuderci in noi stessi, senza dover comunicare alle persone più vicine la ricaduta interiore di quegli accadimenti. La nascita di un figlio, la morte di una persona cara, un traguardo lavorativo, un successo sportivo, un innamoramento, insomma noi sentiamo dentro il bisogno di dirlo a qualcuno, fosse anche un Dio nella silenziosa preghiera del cuore. Noi cerchiamo un ‘tu’ che ci ascolti e ci corrisponda con una certa dose di simpatia. É questa un ricerca che ci sfama. E quando riceviamo la grazia di incontrare quel ‘tu’ che ci corrisponda, è come se il senso degli eventi vissuti si ravvivassero in noi, generando senso, consapevolezza e direzione di vita. Noi ci sentiamo capiti e soprattutto non soli. Anche il peso della vita diventa più leggero.
Ma c’è un ‘ma’.
Le nostre aperture non sempre trovano corrispondenza e comprensione e non sempre sono perfette. Se fossimo perfetti e ci rivolgessimo solo a persone perfette, come è perfetto Dio, allora non resteremo mai delusi. Ma poichè solo Dio possiede e dona reazioni perfette, tra gli uomini accade molto spesso una certa ruvidità di corrispondenza. L’amicizia vera e ancor più l’amore, cercherebbe invece il sapore di una ‘perfetta corrispondenza’ (almeno all’inizio) poichè suppone una certa uguaglianza e una sufficiente crescita interiore. Qui è la nostra difficoltà. Tra gli uomini, infatti, ogni relazione soffre delle stesse imperfezioni che ci abitano, e soprattutto li dove non c’è crescita interiore, si arranca. La fine di un amicizia o di un amore, spesso risente di mancate crescite interiori, di non conoscenza dei propri limiti, di perdita di contatti con interiorità e autenticità della vita. Tutto diventa una grottesca caricatura se non un vero e proprio disastro.
Io lo credo fermamente: uno dei drammi attuali di molti, sta nell’aver preso congedo dalla cura della propria interiorità, si è perso il contatto con la verità di se stessi. Le pur necessarie ‘emozioni’ si sono affrancati dalla loro verità. Ci vorrebbe qualcuno che riproponga con chiarezza la loro grammatica. Oggi non abbiamo più un etica, un giusto dover-essere delle cose che facciamo e sentiamo. E così senza le grandi verità, le solide e luminose esigenze di bene e giustizia, le nostre relazioni, gli slanci di apertura agli altri, hanno poco futuro, svaniscono come neve al sole. Se al centro rimane un ‘io’ da foraggiare narcisisticamente con desideri e bisogni, allora alla prima (o seconde) difficoltà o intoppi, lasciamo. Non esercitiamo nessuna forza di correzione e nessuna capacita di illuminazione. Per questo si cambia, si va di fiore in fiore o si entra in guerra aperta. Le relazioni stabili sono appannaggio solo di coloro che hanno maturato dentro luce e coraggio.
La Bibbia e Gesù nei vangeli sono la nostra magna carta dell’amicizia e dell’amore vero. Diverse cose andrebbero indagate. Per esempio in ogni relazione ci raccomandano di “restare nella verità”, di non oltrepassare i suoi limiti, trasformando ogni relazione in un accomodamento e complicità; Giuda docet, o anche con una frase ad effetto, dichiara: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi” (Mt 7,6), che significherebbe coltivare un atteggiamento di prudenza, come il non manifestare i segreti del cuore al primo venuto, senza nessuna gradualità, discernimento e fiducia provata. il Vangelo Insegna a non essere ingenui, ad avere imparzialità, rispetto della dignità dell’altro, prudenza a non mettere in piazza il nostro cuore.
Ecco perché la bibbia dice lapidariamente: “i tuoi consiglieri siano uno su mille”. L’intimità, cosa diversa dalla relazione perfetta, infatti non può realizzarsi sempre e con tutti, allo stesso modo.
Così in Siracide 6 leggiamo:
Una bocca amabile moltiplica gli amici, un linguaggio gentile attira i saluti.
Siano in molti coloro che vivono in pace con te, ma i tuoi consiglieri uno su mille.
Se intendi farti un amico, mettilo alla prova; e non fidarti subito di lui.
C’è infatti chi è amico quando gli fa comodo, ma non resiste nel giorno della tua sventura.
C’è anche l’amico che si cambia in nemico e scoprirà a tuo disonore i vostri litigi.
C’è l’amico compagno a tavola, ma non resiste nel giorno della tua sventura.
Nella tua fortuna sarà come un altro te stesso, e parlerà liberamente con i tuoi familiari.
Ma se sarai umiliato, si ergerà contro di te e dalla tua presenza si nasconderà.
Tieniti lontano dai tuoi nemici, e dai tuoi amici guàrdati.
Un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro.
Per un amico fedele, non c’è prezzo, non c’è peso per il suo valore.
Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore.
Chi teme il Signore è costante nella sua amicizia, perché come uno è, così sarà il suo amico.
A noi forse sembrerà eccessivo questa sintesi su vera e falsa amicizia, Ma non dimentichiamo che Gesù stesso viene scritto dal vangelo come un maestro molto prudente e saggio nell’apertura della sua interiorità agli altri. San Giovanni ricorda che: “Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo” (Gv 2,13).
Non si tratta di sfiducia radicale nell’uomo, ma di conoscenza divina della fragilità della natura umana, sempre bisognosa di cura e di ricostruzione. Risanati dalla divina grazia, possiamo infatti praticare vere amicizie. Vi ho chiamati amici dirà infatti il maestro.



