Frutti e limiti della lettura silenziosa | Marcell Proust – scrittore (1871 -1922)

“La lettura sta sulla soglia della vita spirituale; può introduci in essa: ma non la costituisce.

Ci sono tuttavia alcuni casi, casi patologici per così dire, di depressione spirituale in cui la lettura può diventare una sorta di disciplina terapeutica e incaricarsi, con ripetuti incitamenti, di ricondurre costantemente un animo pigro alla vita spirituale. I libri allora svolgono per lui un ruolo analogo a quello degli psicoterapeuti per certi nevrastenici.

Si sa che, in certi affezioni del sistema nervoso, il malato, senza che nessuno dei suoi organi sia in sé compromesso, piomba in una sorta di impossibilità di volere, come in un solco profondo da cui non è in grado di tirarsi fuori da solo, e dove finirebbe per deperire, se non gli venisse tesa una mano salda e soccorrevole. Il suo cervello, le sue gambe, i suoi polmoni, il suo stomaco sono intatti. Non ha alcuna impossibilità reale di lavorare, camminare, esposti al freddo, mangiare. Ma queste svariate attività, che sarebbe perfettamente in grado di svolgere, è incapace di volerle. E un deperimento organico, che finirebbe per diventare l’equivalente delle malattie che non ha, sarebbe la conseguenza irrimediabile dell’inerzia della sua volontà, se lo stimolo che è incapace di trovare in se stesso non gli venisse dall’esterno, da un medico che voglia per lui, fino al giorno in cui a poco a poco i suoi beni e vari impulsi organici non sono stati rieducati.

Si dà il caso che esistano alcuni ingegni paragonabili a questi malati ai quali una sorte di pigrizia o frivolezza impedisce di scendere spontaneamente nelle regioni profonde di sé stessi, dove inizia l’autentica vita dello spirito.

Non che una volta che vi siano stati condotti siano capaci di scoprirvi e farvi fruttare autentica ricchezze, ma, senza un intervento esterno, vivono in superficie, in un perenne oblio di sé, in una sorta di passività che li rende il trastullo di tutti i piaceri, abbassandoli a livello di ciò che li circonda e li sollecita e non diversamente da quel gentiluomo che, condividendo fin dall’infanzia la vita da dei ladri di strada, non aveva più memoria del proprio nome, avendo smesso di portarlo da troppo tempo, finirebbero per abolire in sé ogni sentimento ogni ricordo della propria nobiltà spirituale, se un impulso esterno non venisse a riportarli in qualche modo a forza dentro la vita dello spirito, dove ritrovano immediatamente la capacità di pensare autonomamente e di creare.

Ma questo impulso che l’animo pigro non è in grado di trovare in se stesso e deve venire da un altro, e chiaro che deve riceverlo in piena solitudine, al di fuori della quale, come abbiamo visto, non può prodursi quell’attività creatrice che si tratta precisamente di resuscitare in lui.

Dalla pura solitudine, l’animo pigro non potrebbe ricavare nulla, perché incapace di mettere in moto da solo la propria attività creatrice. Ma nemmeno la conversazione più elevata, i consigli più pressanti gli servirebbero a nulla, perché non sono in grado di produrre direttamente un’attività originale.ciò che ci vuole, dunque, è un intervento che, pur provenendo da un altro, si produca al fondo di noi stessi, e l’impulso di un’altra mente, ma accolto in piena solitudine.

E abbiamo visto che proprio questa è la definizione della lettura, e solo alla lettura essa si addice.l’unica disciplina che possa esercitare un influsso positivo su menti del genere e dunque la lettura…

Ma, anche in questo caso, la lettura agisce solo con incitamento e non può minimamente sostituirsi alla nostra attività personale; si limita a restituircene l’uso come, nelle affezioni nervose a cui facevamo allusione poc’anzi, lo psicoterapeuta non fa che restituire al malato la volontà di servizi del proprio stomaco, delle proprie gambe, del proprio cervello, rimasti intatti…”

Marcel Proust, Sur la lecture | trad, Ital. Il piacere della lettura, Feltrinelli Milano 2016, 44-46