“Per quel che mi riguarda, sono consapevole che tu o Dio, Padre onnipotente, hai da essere il fine principale della mia vita, in modo che ogni mia parola, ogni mio pensiero parli di te.
Questo stesso uso della parola, che tu mi hai concesso, mi può recare nessun altro premio maggiore se non quello di servire te, facendoti conoscere; e facendoti conoscere in ciò che tu sei, il Padre, vale a dire il Padre di Dio unigenito, e di farti conoscere al mondo che t’ignora, agli eretici che ti negano.
Questo è il solo fine che io affermo di voler perseguire; per il resto io devo supplicare la grazia del tuo aiuto e della tua misericordia, affinché tu gonfi col soffio del tuo spirito le vele della nostra fede e del nostro religioso sentire, spiegare per te, e ci sospinga sul cammino della predicazione da noi intrapresa.
Non viene meno alla sua parola colui che ci ha fatto questa promessa: “Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto”. Noi ti chiederemo quell’aiuto di cui sentiamo bisogno nella nostra miseria, porteremo nello studio minuzioso dei tuoi profeti e dei tuoi apostoli uno zelo inflessibile e batteremo tutte le porte che fanno da ostacolo al riconoscimento della verità; ma dipende da te concedere quando noi ti preghiamo, essere presente quando noi ti cerchiamo, aprire quando noi bussiamo.
Infatti siamo resi insensibili, per così dire, da una sorprendete pigrizia della nostra natura, e la debolezza della nostra intelligenza ci tiene prigionieri dio una ignoranza ineluttabile quando cerchiamo di conoscere i tuoi misteri. Malgrado ciò lo studio dei tuoi insegnamenti ci guida ad intendere la verità di Dio e la sottomissione alla fede ci conduce ad intuizioni che vanno ben al di là di quelle che sono proprie della nostra natura”
(Ilario di Poitiers, La Trinità, I,37)
