Senza cura di sé, la vita non migliora e la storia muove a fatica i suoi passi verso il bene e la giustizia. Senza cura di sé, le stanze del nostro spirito restano spoglie. Siamo come bicchieri dove la nostra acqua non ci disseta, anzi è così poca da non poter aiutare neppure chi ci sta vicino. Non ci facciamo caso, ma conoscersi, agire con carità, crescere nei doni di Dio, non sono cosa che derivano dal ritmo biologico della vita, qualcosa di automatico, esigono invece sforzo, attenzione, una cura appunto.
Se nel cuore costruisci bellezza, se la cerchi con le unghie e sudore della fronte, fuori di te attraverso dialogo e ricerca e dentro di te mediante, lettura, silenzio, viaggi e preghiera, allora potrai scoprire dappertutto fiori tra le macerie della vita, bene vero in mezzo a tante cose brutte. Gli occhi si apriranno e vedrai ovunque semi di bene che attendono la loro maturazione. Lo Spirito di Dio, ne siamo sicuri, continua a spargerli nel mondo nonostante tutto. Per questo motivo anche altri, potranno sempre essere portatori di verità e giustizia al pari di noi.
In questo mondo così veloce e connesso, una cosa credo non vada dimenticata. Per il Signore l’anima – la nostra interiorità – è preziosa quanto la vita stessa. “Quale vantaggio c’è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria ψυχὴν (alla lettera: la sua anima) – Mc 8,31. In un certo senso ‘mondo e anima’ non si equivalgono nel loro valore. La leggerezza dell’anima pesa più del mondo. Infatti non siamo esseri unidimenzionali, fatti solo carne e materia. Siamo di più di quello che vediamo. Proprio nell’interiorità e dall’interiorità, la vita prende vita e la presenza della verità si presenta in noi in modo più immediato. Perciò ogni atto di cura, ogni paziente silenziosa forma di attenzione verso noi stessi davanti a Dio, accresce lo spessore del nostro sguardo sul mondo e sulle vicende umane. Noi possiamo così soppesare e discerne con più facilità e Il vero sapore del mondo e della vita.
Infondo, il compito umano è disporsi in un cammino terapeutico. Si tratta di vivere e di guarire per salvare il mondo. A noi è chiesto di essere contadini dell’esistenza. Coltivatori responsabili del giardino di Dio, direbbe Genesi. Ma anche mugnai che ammassano nei loro granai i preziosi semi, per usarli in tempo di carestia. Per fare pane e per piantare vita. Senza questa coltivazione della terra che siamo noi e il mondo, senza cultura, a volte solitaria, ma sempre in relazione a Dio e agli uomini, non c’è futuro, non c’è vera socialità, per nessuno.
Ma se ciò e vero, perché ci sono coscienze che tacciono, anime che vedono tutto piatto, uguale, ripetitivo? Perché sempre più ci sono uomini e donne che cercano un bene malato, incapaci di fare e trovare bellezza duratura e non facili estetismi? Perché manca empatia, vicinanza, e addirittura si diventa ingegnosi nel male? É proprio vero che, ciò che sta dentro non getta più luce su ciò che sta fuori, anzi la risacca del buio e nella tenebra è più evidente?
Se ascoltiamo la bibbia, ricaviamo qualche luce a riguardo.
San Paolo, ad esempio mette in allarme. Ci avvisa che la verità, quella che nativamente alberga in noi e forse abbiamo costruita e custodito per un certo tempo in noi, con il tempo, può disperdersi. Nessuna meraviglia se Lucifero da angelo luminosissimo diventa Satana. Paolo parla letteralmente di una verità soffocata dall’ingiustizia (Rm 1, 18). Parla del fascino del male mimetizzato in tante e tante cose, esercita sul nostro spirito. Ma parliamo di una male vissuto in coscienza, di un buio, che bussa alla nostra porta ma non è combattuto con la carità e la verità che salva, anzi è assecondato e addirittura cercato. Paolo dice che ad un certo punto, esiste un punto di non ritorno. Qui e solo qui l’interiorità tace, l’uomo interiore si perde. Calpestata la voce interiore che sollecita bellezza e verità, tutto diventa silenzio, tomba.
Ma se l’interiorità sparisce, nessuno parli di fatalità. Di semplice svista. Nessuno accusi il destino e nessuno gridi vendetta. Forzare la coscienza, forzare i polmoni dello spirito, come quando per la prima volta forzi e inizi fumare, è sempre un atto molto consapevole e colpevole allo stesso tempo. Di fatto la porta della casa interiore, la possiamo aprire solo noi, solo dall’interno.
In un passo del vangelo di Matteo, il Rabbì di Nazareth, dice anche che per il dilagare di iniquità e ingiustizia, l’amore di molti si raffredderà (Mt 24, 13). Si, quell’amore che tutti cerchiamo fin dalla tenera età, quella forza che move il sole e l’altre stelle, sparisce dall’orizzonte degli uomini. Esso cede il passo alla rigidità, alle regole tecniche che non considerano più l’esistente concreto. La legge senza il Vangelo. L’immobilità, la pigrizia, la neutralità colpevole, il minimizzare ogni cosa diventano ora nuova via di vita. Scelte sbagliate, decisioni insicure, assenza di discernimento, ecco la normalità.
É sacrosanto: senza cura di sé la gioia sparisce, l’entusiasmo si allontana dalla nostra casa, la stessa spinta al dono di sé, al bene, alla ricerca della giustizia, l’unica capace di sostenere il peso dell’esistenza, decade. Tutto è ricacciato lontano dalla bellezza, nel buio di un esistenza senza sussulti.
La cura della vita, dell’anima, è viatico di felicità. La cura, la vita attiva (quel del non lasciarsi andare) è trincea di resistenza al bene. Quale parola ci sveglierà dal nostro sonno di morte? Quale parola diventerà un pharmakon per noi?
Forse dovremmo diventare come alberi che nascono da piccoli semi.
Persone che si nutrono coltivando piccole cose.
Come la senape del vangelo. Solo allora prima molto lentamente e poi improvvisamente, diventano riparo e casa per gli uomini bisognosi si aiuto, perché: Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami.
Senza cura di sé, la storia non potrà migliorare. Il mondo invece resta in attesa di nuovi alberi. Resta in attesa di parole che donano vita.



