Qualche tempo fa scrissi un piccolo libro sul silenzio. Lo scrissi quasi di getto, come flusso che partiva dall’anima. terminai la sua scrittura mentre ne stavo completando un altro, che aveva per tema ‘la parola’. Mi resi conto infatti che era necessario parlare del silenzio come controparte necessaria della parola. Bisognava parlare proprio di ciò che la parola nega nel suo sorgere, il silenzio appunto, altrimenti ogni ‘parola’ (quella di Dio e quella degli uomini) decade, si riduce. Perduta la sua sorgente nascosta avrei perduto il cuore della parola.
E tutto ciò mi sembrava coerente con la mia ricerca.
Avevo letto e faticato, ma frequentavo solo letture e parole. Il sapore buono della vita mi era ancora lontano. Come se ogni parola chiedeva altro per esistere. Cosa mancava?
Troppe parole e nessun discernimento, troppe decisioni e nessuna ponderazione, troppe analisi e nessuna visione d’insieme, moltissime prese di posizione senza una corretta valutazione degli eventi: mancava il silenzio! Quando la sua luce mi raggiunse, potevo vedere più chiaramente come nessuna parola diventava parlante, cibo per l’anima, senza una corrispettiva dose di silenzi interiori.
Si, nessuna profondità, nessuna luce, nessuna empatia era possibile senza che una continua pratica del silenzio, fecondava l’ascolto e l’accoglienza di quelle parole.
L’avevo sempre ‘saputo’, chissà quante volte avevo letto nella vita dei grandi santi o di grandi mistici, ma quella conoscenza non era ancora diventata mia carne e mio sangue. Avrei dovuto sapere fin dal principio che un sacro silenzio, così ricco e vicino alla vita reale, si alimenta come dono nella preghiera, specialmente nella sacra liturgia, ma è la sua pratica quotidiana a far risorgere la nostra vita interiore.
Ecco, ora cominciavo a toccare con mano i sui frutti. Ora quel silenzio apriva la mia vita interiore alla Vita, al Cristo , al suo messaggio di salvezza. Ora mi sembrò più facile raggiungere ogni uomo e ogni donna che incontravo nel mio cammino. In questa luce ogni parola pronunciata poteva diventare ‘dono’ agli altri, poteva diventare sentiero da attraversare, ponte che chiede un incontro.
Silenzio, parola, silenzi, parole, silenzio, parola, luce.. Luce …. Ecco la via.
Per questo, ogni sabato santo viene a ricordami che tra la vita e il suo frutto c’è sempre lo spazio del silenzio. Tra il dolore della croce e la gioia della resurrezione deve esserci un’assenza necessaria, una mancanza in cui appare un senso di attesa, una speranza nuova, un apparire di una pace attiva.
Non tutto accade immediatamente, non tutto è subito, ci sono cose che non si vedono se non progressivamente. C’è dunque una perseveranza da perseguire e un coraggio da vivere. E a volte tutto questo bisogna farlo da soli.
Il silenzio del sabato santo ci educa perché non ci porta fuori del mondo, non ci deresponsabilizza, al contrario ci spinge verso una giusta ricerca di comunione. Parola e silenzio sono i nostri semi di comunione futura. Poichè ci sarà sempre una Parola che continua a parlarci dentro, nel nostro silenzio, anche quando il suo suono svanisce fuori di noi.
Ecco allora la meta: arrivare alle radici di noi stessi, arrivare in profondità, trovare una direzione di esistenza, una via verso gli altri, una strada nel mondo per scoprire i segni di Dio.
Il silenzio è allora parte della nostra vita, ciò che permette di poter dare qualcosa di noi agli altri. Solo così, forse, potremmo scoprire con sorpresa quanto è vasto quel mondo che noi chiamiamo interiorità e quanto è dolce l’incontro con chi si lascia incontrare dal nostro silenzio.



