La felicità? Una domanda pericolosa

Ma che cosa ci rende felici? Cos’è la felicità? Al  di la dei sondaggi che oggi inonderanno i nostri quotidiani e il web, c’è da chiedersi se da qualche parte troviamo una risposta a questa pericolosa domanda.  

 Si rimane davvero stupiti nello scoprire nel corso della storia del pensiero la diversità di risposte a tale domanda. Agostino ad esempio, nella Città di Dio, elenca 288 differenti modi di essere felici. 288 strade attraverso cui uomini e donne di ogni tempo hanno cercato la felicità come l’unico bene che non rimanda a nessun altro bene. Strade non sempre buone perché i beni ricercati anche se luccicanti non erano veri. 

Non so se ancora oggi qualcuno si chieda quale sia la strada per la felicità. So però che aspirare all felicità è come avere sete e finalmente bere. Ed estinta questa singolare sete non cerchiamo più nulla. Non volgiamo altro. 

E si, la felicità come l’amore ha la singolare caratteristica di concentrare lo sguardo su se stessa. Carriera, gloria, piacere, ricchezza, amicizia, conoscenza, utilità, salute, persino una grande vittoria sportiva,  sono cercate con le unghie e con i denti, esattamente perché riteniamo diano quella felicità che non desidera altro che se stessa. 

Ma felicità è una parola impegnativa. 

Tutti desiderano essere felici, anche se non tutti riconoscono la strada che porta ad essere felici. Provate a chiedere a bruciapelo a chi ci sta vicino: sei felice? È una domanda che fa restare perplessi e addirittura per qualcuno, non è una domandare da fare. Questo perché è una domanda assoluta. É qualcosa che riassume il senso profondo di una intera vita.  Risponde al desiderio innato di ogni uomo. Quando chiedi, sei felice? Tu stai chiedendo se la tua vita si è realizzata, se si compiuta o se è stata un fallimento, se è in cammino o se al contrario ha perso la speranza. Tu chiedi di guardarti allo specchio. Ecco perché è pericoloso chiedere se si è felici.

Per questo, la felicità non va confusa con il successo e il benessere personale e neanche con l’euforia e l’allegria. Queste cose nascono e svaniscono rapidamente senza lasciare traccia, e soprattutto, abbiamo imparato a produrle artificialmente. Ci sono farmaci, droghe, tecniche varie, che creano euforia e allegrezza, ma certamente non danno la felicità. Se ci fosse un farmaco su cui c’è scritto a chiare lettere: “chi lo assume diventa felice” avremmo risolto finalmente la nostra vita. Invece a volte troviamo scritto: “attenzione l’assunzione di tale farmaco può provocare euforia!”. Anzi a lungo andare può provocare sofferenza e danni alla salute. 

La felicità invece abitala dimensione di un tempo speso bene per se stessi e per l’ambiente in cui si vie. Anche se ciò che ci circonda influisce su di noi, la felicità possiede una profonda dimensione interiore, qualcosa di non momentaneo, che assomigli al dono prezioso che nasce dalle nostre azioni. Io non credo chi si dedichi al male – sapendo di fare il male –  sia una persona felice. Prima o poi la sua coscienza chiederà il conto, sul letto di morte o nei momenti di profonda crisi. 

Credo invece che la felicità oggi vada educata e cercata fin da piccoli nel viaggio verso le cose che durano e verso tutto ciò che è riconosciuto come buono, nobile, santo. Soprattutto nelle relazioni umane e verso l’ambiente. 

Per me, da cristiano, felice è colui che fa la Verità di se stesso e degli altri per amore. Semplicemente. Dico fa la verità e non sa la verità. Poiché anche satana sa la verità che evita.