“La persona, per il fatto di essere un individuo di natura ragionevole, cioè un individuo in cui la ragione fa parte della natura, è nello stesso tempo nel mondo degli esseri un soggetto unico nel suo genere, totalmente diverso da quel che sono, per esempio, gli animali, esseri relativamente più vicino all’uomo sotto l’aspetto della costituzione fisica, soprattutto alcuni di essi.
Ricorrendo ad immagini, potremmo dire che la persona, in quanto soggetto, si distingue dagli animali, anche dai più completi, per la propria interiorità, e per la vita concentrata in essa, una vita che le è propria, la sua vita interiore. Non si può dire altrettanto degli animali, benché i loro organismi soggiacciono a processi bio-fisiologici simili e siano dotati di una costituzione più o meno paragonabile a quella dell’uomo […]
Nell’uomo, la conoscenza e il desiderio assumono un carattere spirituale e contribuiscono così alla formazione di una autentica vita interiore, fenomeno inesistente negli animali. La vita interiore è la vita spirituale. Essa si concentra intorno al vero e al bene.
… Così la persona è proprio quell’essere oggettivo che, in quanto soggetto definito, comunica in modo massimamente stretto con il mondo (esterno) e vi è impegnato a fondo grazie alla propria interiorità e alla propria vita spirituale. Bisogna aggiungere che comunica così non soltanto con il mondo visibile, ma anche con il mondo invisibile e soprattutto con Dio. […]
La comunicazione della persona con il mondo oggettivo, con la realtà, non è soltanto fisica, come avviene in ogni essere naturale, e neppure unicamente sensitiva, come negli animali. In quanto soggetto nettamente definito, la persona umana comunica con gli altri esseri tramite la propria interiorità, mentre il contatto fisico, di cui è altrettanto capace (perché possiede un corpo e, in un certo senso, “è un corpo”) e il contatto sensitivo, al pari degli animali, non sono i suoi mezzi caratteristici di comunicazione con il mondo.
Indubbiamente, il legame della persona umana con il modo ha inizio sul piano fisico e sensoriale, ma, per l’uomo assume la forma peculiare solo nella sfera della sua vita interiore. É qui che si delinea un tratto specifico della persona: l’uomo non soltanto percepisce gli elementi del mondo esterno e vi reagisce in modo spontaneo o addirittura meccanico, ma in ogni suo atteggiamento nei confronti del mondo, tende ad affermare se stesso, ad affermare il proprio “io”, e deve agire così perché è la natura sostanzialmente diversa da quella degli animali. La sua natura comprende la facoltà di autodeterminazione basata sulla riflessione, facoltà che si manifesta nel fatto che l’uomo, agendo, sceglie ciò che vuol fare.
Questa facoltà si chiama libero arbitrio.
L’uomo, per il fatto riessere dotato in quanto persona di libero arbitrio, è anche padrone di se stesso. Il proverbio latino non dice forse che la persona è sui iuris?
Un’altra proprietà ne deriva: la persona è alteri incommunicabilis, per usare il latino dei filosofi: è incomunicabile, inalienabile. Qui non si tratta di sottolineare che la persona è sempre un essere unico che non ha equivalente, perché questo lo si può sostenere di ogni altro essere: animale, pianta o pietra. Il fatto che la persona sia incomunicabile e inalienabile resta in stretto rapporto con la sua interiorità, la sua autodeterminazione, il suo libero arbitrio.
Nessun altro può volere al mio posto. Nessun si può sostituire il mio atto volontario col suo.
Avviene che qualcuno desideri ardentemente che io voglia ciò che egli vuole; ed è a questo punto che si delinea meglio la frontiera invalicabile tra lui e me, frontiera determinata precisamente dal libero arbitrio. Io posso no volere quel ch’egli desidera che io voglia, e proprio in questo io sono incommunicabilis. Nei miei atti io sono e devo essere indipendente. Su questo principio si fonda tutta la coesistenza umana; a questo principio si rifanno le verità sull’educazione e sulla cultura”.
K. Wojtyla, Amore e responsabilità. Morale sessuale e vita interpersonale, Marietti, Torino 1995, 16-17