C’è nel libro della Genesi, a proposito del racconto sul primo peccato, un particolare illuminante che descrive lo stato interiore di un peccatore. È scritto così:
“Poi udirono il Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno e l’uomo con sua moglie si nascosero dal Signore Dio, in mezzo agli alberi del giardino. Ma il Signore Dio chiamò l’uomo e gli disse: «Dove sei?». Rispose: «Ho udito il tuo passo nel giardino: ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto» Riprese: «Chi ti ha fatto sapere che eri nudo?.”. (Gn 3,8-10)
Il peccato genera nascondimento, imboscamento, tentativo di distanziamento da Dio da parte dell’uomo. Il Signore però non smette di cercarci. L’uomo nel peccato cambia, Dio no.
Il nascondersi è dunque quell’atto, successivo al peccato, che manifesta il desiderio di un non-incontro. Non si vuole incontrare Colui il quale con la sola sua presenza svela la brutta verità della nostra esistenza, lo stato interiore della nostra anima. Nel perdurare del peccato Dio diventa per noi una presenza che mette a disagio. Prima di conoscere il male non è così, lo diventa dopo.
Nascondersi, esistenzialmente, è aver deciso con un preciso atto, di allargare il fossato tra interiorità e visibilità, così che, mentre la nostra forma visibile appare in un modo, magari bella, quella interiore è radicalmente opposta. Nasce l’ipocrisia della vita, il sottofondo della nostra esistenza che non viene mai alla luce. Siamo diametralmente all’opposto di Natanaele, l’uomo in cui, secondo le parole di Gesù, non si trova falsità, non si trova alcun nascondimento (cf. Gv 1,47).
Ecco dunque perché Dio è chiamato dai Padri della Chiesa “il vedente”. Il Signore “sa e conosce” ogni cuore semplicemente perché lo vede. C’è un salmo che spiega questa qualità divina: ” Se dico “almeno l’oscurità mi copra, e intorno a me sia la notte, nemmeno le tenebre per te sono oscure, e la notte è chiara come il giorno; per te le tenebre sono come luce” (Sal 139,11-12).
Ma c’è ancora qualcos’altro, ed è il rimedio di Dio al nostro disagio interiore. Se è vero che Dio vede perché ama, che è in se stesso amore vedente, un po’ come noi che sempre vogliamo vedere la persona che amiamo e quando non la vediamo ci mettiamo alla sua ricerca, è vero anche che vuole farci uscire da quello stato di nascondimento. Vuole stanarci.
Infatti perduta la vicinanza con Dio, nascosti nella natura, possiamo svegliarci dal nostro sonno di morte se ci lasciamo raggiungere da una parola. Dio fa udire la sua voce superando il nostro nascondimento, raggiungendoci e rimettendoci ancora una volta in relazione con la nostra origine fondante.
Ecco perché è importante che la parola di Dio sia sempre udita, sempre donata.
la Parola sua, la sua voce, è il grande dono della nostra verità. Accettarla, nonostante tutto, ci fa ritornare nella gioia.