Il silenzio ha ancora i suoi fan e i suoi attivisti, anche inconsapevoli. I primi lo cercano per animare la loro creatività, i secondi lo praticano come una cura dell’anima e del cuore, l’anima in senso greco e il cuore in senso cristiano. Sorprende la sterminata letteratura sul silenzio. Non si contano più elogi, biografie, romanzi, interi trattati, attraverso diversi approcci filosofici, teologici, storici religiosi, psicologici. Ogni grande pensatore, poeta o artista, specialmente musicista, possiede una sua personale visione del silenzio. Dall’antichità ad oggi.
Ci sono silenzi che accompagnano pubbliche liturgie laiche – tutti noi abbiamo assistito qualche volta al ‘minuto di silenzio’ in qualche commemorazione – o quelle religiose che pensano il silenzio come l’ultimo passo verso l’assoluto o come spazio entro cui Qualcuno si rende presente. Persino nel campo delle neuroscienze scopriamo continui elogi. Nell’oblio del silenzio corpo e mente non approfondiscono la relazione con se stessi e con gli altri. Il valore del silenzio oscilla allora, tra l’inutile e il necessario, tra l’affannosa ricerca e l’inevitabile emarginazione; così se la nostra modernità può essere descritta come avvento del rumore, specialmente dopo la rivoluzione industriale, la nostalgia del silenzio è la sua inevitabile contropartita. Cercare spazi di silenzio, diventa vitale nella vita di economisti, scienziati, scrittori, sportivi, esploratori, speaker, credenti e non credenti. Il silenzio nutre l’interiorità e ci apre all’ascolto del visibile e dell’invisibile.
Ma è specialmente nel suo sorgivo legame con la parola umana che il silenzio effonde il suo dono più alto. Se la parola si nutre di silenzio trova la forza di emarginare la chiacchiera, la superficialità, i luoghi comuni, diventando giorno per giorno consistente, leggera, semplice e profonda. Ogni parola parlata, pensata, dialogata, scritta, ogni suo passaggio dall’interiorità all’oralità, dalla scrittura alla vocalizzazione e all’ascolto, scopre nella pratica del silenzio una inesauribile fonte di rinnovamento. Il silenzio, così inteso, è madre della parola, carne del verbo.
Certo, bisogna superare alcuni pericoli ed alcuni eccessi, sempre presenti nella pratica del silenzio e in quello della parola. David Le Breton, ad esempio, ha ragione quando scrive che, nell’attuale contesto iperconnesso: “Più la comunicazione si estende e più si ingenera l’aspirazione a tacere almeno per un instante, per poter sentire il fremito delle cose” (Sul silenzio. Fuggire dal rumore del mondo, Cortina Editore 2018, 16) così, ricorda Romano Guardini silenzio e parola devono poter restare amici, devono poter dialogare. Quando ciò avviene l’ascolto del fremito della vita diviene humus delle relazioni umane.
Il silenzio l’abbiamo più volte ricercato, eppure, proprio in piena pandemia, l’improvvisa scomparsa del rumore nelle nostre città, non ci ha trasmesso serenità, al contrario ci ha fatto paura. Papa Francesco, questa paura, ha voluto affrontarla con la preghiera davanti al grande crocefisso ligneo in una piazza san Pietro deserta segno della desolazione del mondo intero. Era il momento in cui:”Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi”. In quei giorni abbiamo sperimentato la violenza del silenzio, un silenzio di morte. Il Papa ci ha così indicato una via: lì dove la fede è rimasta viva, ogni singolo silenzio è stato percepito non come mancanza, ma come forza di relazione. Quel silenzio ci ha spinti gli uni verso gli altri e infine verso Dio. Ci ha messo in ricerca di parole nuove, del suono della vita buona. Ecco perché bisogna tornare a nutrirci di silenzio, ogni giorno a piccole dosi, riconoscendo attraverso la sua pratica la bellezza di gesti quotidiani, le parole dimenticate, i sentimenti nascosti nel dolore del mondo.
Sabato santo, il cosiddetto giorno aliturgico, per i cristiani è il giorno più silenzioso dell’anno ci ricorda tutte queste verità. Nel giorno in cui tace la liturgia, il canto corale, la Chiesa, in attesa silente, sperimenta un nuovo sguardo verso la divina Parola, contemplandola come attesa di Vita nuova. Silenzio e Parola ci restituiscono il sapore della vita.
Nel Sabato Santo, la Parola tace. É scesa nella tomba e il male sembra aver occupato tutto lo spazio possibile. Tutto sembra finito. Ma la fede bimillenaria della Chiesa insegna che mentre il suono del Verbo è stato crocifisso ed estinto in superficie, nelle profondità, negli inferi, la Parola è all’opera. Essa è viva. Nessun potere umano l’ha fermata e lì dove nessun uomo e nessuna parola poteva arrivare, giunge il Cristo Signore, Parola vivente del Padre. Lì agisce liberando l’uomo che l’attende. Nel Sabato santo il silenzio della superficie cede il posto alla Parola del profondo. In una antica omelia sul significato del sabato santo è scritto:
“Oggi sulla terra c’è grande silenzio, grande silenzio e solitudine. Grande silenzio perché il Re dorme: la terra è rimasta sbigottita e tace perché il Dio fatto carne si è addormentato e ha svegliato coloro che da secoli dormivano. Dio è morto nella carne ed è sceso a scuotere il regno degli inferi. Certo egli va a cercare il primo padre, come la pecorella smarrita. Egli vuole scendere a visitare quelli che siedono nelle tenebre e nell’ombra di morte. Dio e il Figlio suo vanno a liberare dalle sofferenze Adamo ed Eva che si trovano in prigione. Il Signore entrò da loro portando le armi vittoriose della croce. Appena Adamo, il progenitore, lo vide, percuotendosi il petto per la meraviglia, gridò a tutti e disse: «Sia con tutti il mio Signore». E Cristo rispondendo disse ad Adamo: «E con il tuo spirito». E, presolo per mano, lo scosse, dicendo: «Svegliati, tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo ti illuminerà.
Nella profondità degli inferi la Parola del Padre non tace affatto, ma continua a chiamare, salvare, liberare. Sia benedetto il silenzio degli uomini davanti alla Parola vivente di Dio, sia benedetto ogni silenzio che non si chiude alla forza salvifica della Parola vivente del Padre. Amen.