“L’approccio alla scrittura, per essere fecondo, deve avvenire nello spazio dell’ascolto, perché esige un “cuore che ascolta” (1 Re 3,9) da parte dell’uditore-lettore.
Infatti il fondamento di tutta la Bibbia è Dio che parla e il popolo ascolta: l’uomo biblico cammina alla luce della fede, non nella visione, pertanto è solo nell’ascolto che può avvenire l’incontro con il Dio vivente. Anzi, l’ascolto è costitutivo tanto di Israele come popolo di Dio, quanto della Chiesa che è appunto l’ekklesia, l’assemblea convocata dalla Parola di Dio e riunita attorno al Cristo risorto e vivente, parola definitiva di Dio all’umanità.
L’esigenza dell’ascolto è così centrale, nell’AT come nel NT, perché richiesta dalla struttura stessa dell’alleanza.
Nell’esodo Mosè è chiamato al monte Sinai ed è invitato a proclamare da parte di Dio agli israeliti:” Voi stessi avete visto ciò che ho fatto gli egiziani e come vi ho portati su ali di aquila conducendovi fino a me. Ora, se voi ascolterete la mia voce e custodirete la mia alleanza, sarete per me un possesso particolare tra tutti i popoli: certo, mia è tutta la terra, ma voi sarete per me è un regno di sacerdoti, una nazione santa (Es. 19,3-6).
Ma questa esigenza di ascolto, permane anche nel NT come ascolto del Figlio: il comando è ormai di ascoltare lui, “il Figlio” (Mt 17,5; Mc 9,7; Lc 9,35), colui che è il mediatore della nuova alleanza, “non della lettera, ma dello Spirito” (2 Cor 3,6).
Così, se Gesù può proclamare “beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,28) e, rivolto ai discepoli, può dichiarare “beati i vostri orecchi perché ascoltano ciò che molti profeti e giusti desideravano ascoltare” (Mt 13,16-17), l’autore dell’Apocalisse può applicare questa beatitudine al lettore della Scrittura: ” Beato colui che legge quelli che ascoltalo le parole di questa profezia E custodiscono le cose che vi sono scritte” (Ap 1,3)”.
(E. Bianchi, “La lettura spirituale della Scrittura oggi” in AaVv, L’esegesi cristiana oggi, Piemme, Casale Monferrato, 2000, 264-265)