In fondo la musica è debitrice di udibilità e silenzio.
C’è un fondo di verità in chi fa risalire la nascita della musica direttamente dalla relazione, matematicamente ordinata e perciò armonica, di suoni e silenzi.
Ad esempio Giamblico di Calcide racconta come Pitagora, passando davanti alla bottega di un fabbro, intuì che i suoni (o forse i rumori) provenienti dalla bottega, era proporzionali esattamente alla misura della lunghezza dei ferri lavorati. Ritornando a casa il filosofo che inventò il termine ‘filosofia’, pensò di elaborare una teoria connessa allo studio di quel fenomeno, capì cioè che i suoni sono armonici se seguono un’ordine matematico e partendo da una semplice corda tesa, la fece vibrare ottenendo suoni differenti a seconda della lunghezza. Da li in poi si disse che la musica possiede un’anima matematica.
Fin qui la storia leggendaria.
Ma la musica, quella che ci tocca e coinvolge interiormente, è molto di più di una rozza associazioni di suoni. Anzi essa non è affatto derivante dalla corretta e asettica esecuzione matematica di suoni differenti. Chi dice musica dice ars cioè capacità tipicamente umana di generare armonia di suoni differenti, prodotti non per una qualche utilità di tipo materiale, ma piuttosto per esprimere l’invisibile che c’è in noi, la nostra interiorità diremmo noi.
In questo senso ogni atto musicale, coinciderebbe con uno sforzo tipicamente umano di orientare lo spirito verso il bello, il vero, il santo, che sono gli spazi in cui dimora la felicità. Ad esempio nella Scrittura si narra come il re Saul trovasse nell’ascolto della musica un calmante per i propri pensieri. Oliver Sacks sarebbe d’accordo con il racconto di 1 Sam 16,14-23.
Così chi dice musica non identifica la sua sostanza con l’esatto prodotto di un’armonia matematicamente guidata, ma piuttosto la ricava da un complesso di suoni che si nutrono di pause – che paradossalmente sono non-suoni – immagini, quali righe, punti, virgole, frazioni, e infine parole, cioè indicazioni di esecuzione (crescendo, fortissimo, piano, lento, calmo… ecc. ecc.). Ci vogliono molte cose per fare musica.
Ma questo non basta.
C’è un oltre da illuminare.
Proprio le serie impercettibile di innumerevoli “trasgressioni” di ciò che la matematica e le parole hanno disposto sullo spartito e imposto all’esecutore, a dare corpo a ciò che chiamiamo interpretazione dello spartito musicale.
L’esecuzione non è fredda riproduzione ma servizio di quella musica che sta ‘dentro’ la scrittura dello spartito e si pone in armonia con l’intimo sentire del musicista. La matematica va così superata in direzione di un elogio dell’imperfezione materiale.
La musica è così un atto propriamente spirituale, e ogni buon esecutore, rispettando il testo, ne ricava tuttavia un senso ed un suono che supera la sua esatta materialità. Musicista è colui che fa più di ciò che appare visibilmente, è colui che Sto arrivando! attraversare il testo andando oltre ciò che è tecnicamente ricavabile.
Musicista è colui che rende propriamente udibile il non udibile, l’invisibile. Perché li, sul terreno dell’invisibilità, abita la sorgente ultima della musica. Per questo la vera musica ha il potere di invadere la nostra parte più intima infondendo come un dono, bellezza e bontà. E quando al suono si connette la parola di Dio allora essa diventa grazia vera che prepara i momenti più bui e tremendi della vita dei credenti. Gesù stesso con gli apostoli sono presentati dal vangelo come cantori della parola proprio prima della passione di Gesù – cf. Mc 14,26.
Così soprattutto per i cristiani la musica ha un cibo, lo stesso che nutro lo spirito umano. Nutrire “lo spirito” di chi suona, significa ampliare ed illuminare l’invisibile che è in noi e fuori di noi. Nutrirsi spiritualmente significa darsi possibilità musicali perché nutrendoci abitiamo l’invisibile patria dei suoni.
Trasgredire l’indicazione matematica contenuta in uno spartito diventa perciò l’esercizio artistico del grande musicista il cui compito non è più una semplice e precisa esecuzione numericamente attestata, ma è la cosciente e voluta approssimazione dei suoni, il senso interiore, la trasfusione udibile dell’idea di bellezza il cuore ed il centro del gesto musicale.
Per questa magnifica arte, alla fine, l’invisibile diventa udibile.