Bisogna ammetterlo.
Ciò che distingue il vero dal falso sapiente non è il possesso di una serie ordinata di nozioni, ma è qualcosa di più originario che presuppone quel possesso. I greci, ad esempio, parlavano dell’insopprimibile anelito dell’uomo alla verità, poiché “anelare” è oltrepassare il puro possesso statico delle cose rimanendovi prigionieri di esse.
Vera sapienza è perciò, non quella che procede per possesso e catalogazione, ma è quella che somiglia ad una sorgente d’acqua zampillante, ci fa mettere in cammino perché si nutre dell’alleanza con il soffio di Dio che ci conduce verso l’intera Verità (cf. Gv 16,13). Così da una parte la verità è donata in Gesù una volta per tutte, ma dall’altra è il frutto della mia ricerca.
Ecco dunque apparire l’immagine del vero sapiente (sophòs) è il portatore di un “anelito” che spinge verso una ricerca senza posa e che genera una vita corretta e tendenzialmente felice. Una persona che Dio stesso vede e ricolma con i suoi doni. Il Salmo 145, infatti, unisce l’anelito della ragione nel ricercare ciò che è vero, buono e bello, alla disposizione interiore intessuta di sincerità del cuore e timore di Dio come perfetto amore, poiché: “Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore incero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva”.
Ma allora cosa significa veramente ricercare, porre domande, chiedersi?
Il senso di questo domandare non si manifesta perfettamente nel puro pensiero scientifico, quel pensiero cioè che genera risposte intessute di logicità e necessità e mediante un’agire tecnico cerca di modificare secondo finalità sempre nuove il mondo in cui viviamo. Paradossalmente più la scienza diventa perfetta e più diventa meno interessante per noi. Domandare e domandarsi è qualcosa di più di questo tentativo.
É invece un’assecondare quella parte del nostro spirito che continuamente pone quel tipo di domande che non cercano risposte immediate, ma piuttosto generano visioni, orientamenti di vita, possibilità inesplorate. Cercare significa desiderare profondamente un senso rientrando in noi stessi, distanziandoci dal mondo. Significa stare nelle questioni, e da lì, da quel silenzio povero di pathos ma ricco di Logòs, recuperare finalmente il senso originario del proprio cammino per poi ridistribuirlo in ogni concetto ed in ogni nostra attività fino ad ogni relazione umana.
Ricercare è far emergere lo spirito che pervade ogni nostro concetto perché ogni nostro dire riceva vita e bellezza. É scoprire un punto di osservazione nuovo nel lungo viaggio della propria esistenza in Cristo e verso Cristo.
Così, al contrario, smettere di cercare significa inevitabilmente restare prigionieri di concetti e visioni sempre vecchie, significa fermarsi per essere costretti a ripetere assecondando l’esistente. Tutto qui.
Mantenere viva il senso di questa ricerca, significaaprirsi al possibile già contenuto nel presente ma non ancora scoperto e a quel futuro donato da Dio che rende la vita gioiosa e degna di essere vissuta.
O Signore, donami di cercare te come verità e bellezza e una volta trovato non smetta di cercarti ancora come il nuovo non ancora trovato. top10 igt free slots