Nel libro di Yehoshua ben Sira (Siracide) c’è una piccola, ma interessantissima distinzione, che spiega la differenza tra gli uomini di scienza e i sapienti, tra persone che in vista di un potere di sottomissione del mondo visibile, aggiungono informazione ad altra informazione, continuamente, senza fermarsi mai, e gli uomini che pur usando quella conoscenza vanno oltre di essa, apparendo giorno dopo giorno sempre più stabili, fedeli, gioiosi, positivi.
La distinzione c’è ed è quella tra il contare della mente, che è la base di ogni scienza sperimentale, e la sapienza del cuore.
Yehoshua scrive all’inizio del suo libro:
“La sabbia dei mari, le gocce della pioggia e i giorni dell’eternità, chi li può contare? L’altezza dei cieli, l’estensione della terra e la profondità dell’abisso, chi li può scrutare?” (Sir 1,2).
Il nostro Dio sa anche quelle cose che per l’uomo sono conoscenza inutile.
La scrittura afferma che Dio sa le cose che umanamente sono impossibili da sapere. Egli sa persino l’esatto numero dei capelli del nostro capo e conosce il nome di tutte le stelle del cielo e persino il numero di sassolini di cui è fatta la sabbia del mare. Dio sa ciò che l’uomo non potrà mai sapere o meglio sa ciò che per ogni uomo è inutile sapere.
La conoscenza di Dio si estende perciò per tutta l’ampiezza del visibile.
L’uomo invece non è così.
Il cammino dell’intelligenza verso l’interezza del mondo visibile, dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, è senza posa e non si esaurisce mai. La parola conoscenza del “tutto” non è scientifica.
Ad ogni modo la verità intera di quel mondo non proviene dalla sola matematica o da qualche altra luce connessa a qualche scienza. Quel mondo col suo mistero, di cui l’uomo fa parte, possiede un’aspetto di invisibilità che sfugge ad ogni presa concettuale come un anguilla tra le mani di una bambino.
Ecco perché Yehoshua ben Sira insegna che non basta contare (exarithmeo) o scrutare (exichneuo) le cose del mondo per ottenere una sapienza. Questa riposa invece in un altro atteggiamento che eccede il puro contare e scrutare: Ben Sira dice: Ogni sapienza viene dal Signore, e sta con lui per sempre (Sir 1,1).
La sapienza, quella che non dona tristezza, ma gioia agli occhi e pace nel cuore, vive piuttosto perché c’è una relazione aggiuntiva a quella del mondo. Essa vive in noi per il dono di Dio che non toglie nulla alla ragione ma la mette in ordine differente. Così mentre l’uomo di scienza cerca di scoprire leggi che governano il mondo e poi usarle per accrescere il proprio potere di governo del visibile, l’uomo di Dio va oltre e pur facendo lo stesso procedimento, usa quello stesso potere armonizzandolo all’ordine che Dio ha posto nella creazione e metterlo a servizio del vero bene dell’uomo e del mondo. Qui la scienza si trasforma in sapienza. Qui il contare si amplia nel contemplare, qui il possesso diventa amore. Qui ragione e fede si danno la mano.