Niccolò Paganini, l’insuperabile violinista, amava dire : “Se non studio un giorno, me ne accorgo solo io, ma se non studio due giorni, se ne accorge la gente che mi sente!”. Per Paganini il legame tra lo studio della sua musica e la sua esibizione era cosa necessaria e ineliminabile. I suoni che nascevano dalle sua dita provenivano da altrove, erano frutto di una lunghissima esercitazione e studio solitario.
Ora c’è una certa analogia tra quel fatto musicale e la vita spirituale di chi vuol parlare di dio al mondo di oggi, Infatti sul piano dello spirito è ancor più necessario unire interiorità e parola. Gesù dice ad esempio che la bocca parla della pienezza del cuore. Ma il legame invisibile tra la parola detta e la vita nella parola è la sorgente nascosta di ogni vera comunicazione del Vangelo. Quel legame che nessuno vede esteriormente e che si costruisce ai piedi della santa croce, è anima, forza e fondamento del dire efficace di Dio nel mondo. Con esso la parola detta diventa presenza di Dio.
La parola di Dio è perciò un accadimento che implica se stessi e Dio.
La santa comunicazione del vangelo non accade perché si dicono molte cose interessanti ed accattivanti, li, per dirlo con un esempio musicale, si rimane ancora al livello di “suoni”, di materia. La “musica” invece, la bellezza santa di Dio, si produce quando la vita del buon comunicatore è costruita dentro il Vangelo. I santi sono “i musicisti di Dio” che ci fanno gustare il cielo perché portano il sapore di Dio. Dire qualche parola su Dio è possibile a tutti ma “dire Dio” è altra cosa, lo possono solo coloro che restano dentro quella “musica”, vivono dentro Dio. Queste anime elette lo hanno trovato e per questo hanno anche il dono riconoscere e collocare le parole ascoltare tra l’appartenenza a Dio o al mondo. Esse hanno sviluppano in loro un senso di bellezza e di verità che diventa capacità di discernimento sul dire degli altri. Sanno riconoscere la buona musica di Dio.
La parola di Dio sulla bocca dell’uomo è in questo senso più una grazia che un opera umana, più un dono che un possesso. Lo dimostra il fatto che mentre le nostre cose, quelle che dipendono dalle nostre mani e dalle nostra intelligenza, possono essere programmabili, le opere di Dio appunto perché dio Dio sono soprattutto grazia, sono l’attuazione di una promessa, il frutto di un’invocazione. Essa accadono nonostante noi. Noi c’entriamo ma come strumenti. Dio per essenza non è mai manipolabile, non è Lui a dipendere da noi, ma viceversa. Egli resta il Signore, il Creatore dell’uomo e dell’universo.
“Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode” (Sal 51,17)