Buona e cattiva lettura | Seneca – Filosofo (4 a.C – 65 d.C)

“Da ciò che mi scrivi, e da quello che sento, attingo buone speranze sul tuo conto: non vaghi di qua e di là e non sei angosciato dal cambiar continuamente di luogo. Questa frenesia è tipica di un animo ammalato: il primo indizio di una mente equilibrata penso che sia il saper trovare un punto fermo e restare in compagnia di se stessi. Sta’ bene attento, però, che codesto tuo leggere molti autori e volumi d’ogni genere non sia qualcosa di vacillante e inconsistente.

È opportuno indugiare su pensatori ben selezionati e assimilarli, se intendi ricavarne elementi utili che si mantengano facilmente nel tuo animo. Non è in alcun luogo chi si trova dappertutto. Ecco quel che capita a chi trascorre la vita spostandosi da un luogo all’altro: incontra molta gente che lo ospita, ma nessuna amicizia. E questo è anche il destino di quanti non studiano a fondo qualche grande pensatore, ma passano in rassegna ogni cosa di corsa e senza soffermarsi su alcuna. Non serve all’organismo né viene assimilato quel cibo che, una volta assunto, è subito eliminato; nulla ostacola in eguale misura la salute quanto il cambiare medicamento a ogni piè sospinto; non riesce a cicatrizzarsi quella ferita in cui si tentano vari farmaci; non si rinvigorisce quella talea che viene spesso trapiantata.

Non esiste nulla di così utile da poter giovare di sfuggita.

La quantità dei libri ti mette a disagio: bene, poiché non potresti leggere quanto saresti in grado di procurarti, è sufficiente che tu abbia solo ciò che potresti leggere. «Ma» tu dici «ora voglio srotolare questo volume, ora quello…» È proprio di uno stomaco viziato assaggiare molti cibi, e, se questi sono vari e in opposizione l’uno all’altro, intossicano, non nutrono. Dunque leggi sempre libri di provata autorevolezza e se talvolta ti è venuta la voglia di passare ad altri per distrarti, torna poi a quelli di prima. Ogni giorno assicurati qualche aiuto contro l’indigenza, contro la morte e non meno contro altri flagelli, quindi fra i molti pensieri che ti sono passati sotto gli occhi scegline uno solo che tu possa assimilare in quel giorno.

Anch’io faccio lo stesso: leggo non so quanti testi e mi tengo saldamente a qualcuno.

Oggi è la volta di un pensiero che ho scovato in Epicuro (infatti ho l’abitudine di passare nel campo altrui non come disertore, ma come esploratore): «Cosa onorevole» egli dice «è una povertà soddisfatta delle proprie risorse». 6. Ma non si tratta di povertà, se è vissuta in questo modo.

Non chi ha poco, ma chi desidera di più è povero.

Che importa quanto denaro quel tale tiene racchiuso nel forziere, che importano la quantità di cereali nei granai, la consistenza degli armenti nei pascoli o il reddito dei suoi capitali, se sta sempre lì, addosso ai beni altrui, se fa i conti non di ciò che ha acquisito, ma di quello che potrebbe ottenere? Mi chiedi quali siano i limiti delle ricchezze? Ecco il primo: avere l’indispensabile, ed ecco il successivo: avere ciò che è sufficiente.”

(Seneca, Lettera a Lucilio, II).