In realtà, nella nostra realtà, esiste un ordine del bene.
Da una parte c’è lo sguardo del bambino che chiede il perché di ogni cosa, che vede e si meraviglia della semplice esistenza del mondo, dall’altra c’è lo sguardo dell’adulto, che dimenticando il primo sguardo, desidera di possedere ciò che vede, ma senza ancora conoscerlo perfettamente.
C’è nella grande tradizione ebraica, un insegnamento che illumina questa opposizione attraverso l’interpretazione di una pagina del libro della Genesi.
In quel testo, al capitolo secondo, è detto testualmente che Dio, creatore dal nulla: ” … fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare” (Gn 2,9). Per il Signore c’è una specie di simultaneità di un mondo che è donato per essere conosciuto nella sua bellezza derivante da Lui – gradito agli occhi – e poi restando bello diventa buono da mangiare. Prima dell’agire dell’uomo verso il mondo, nell’ordine creato da Dio, c’è il riconoscimento di una realtà “bella” perché non è quella fatta dall’uomo ma è quella ricevuta in dono. Il suo possibile utilizzo in vista della propria sopravvivenza non distrugge quel riconoscimento originario.
Il mistero dell’esistenza gioiosa si nasconde proprio in quest’ordine.
Tuttavia, proseguendo la lettura di Genesi, nel capitolo terzo, si narra del dramma del peccato e della sua influenza sull’uomo. Qui troviamo descritta la constatazione del mutato rapporto. Vinta dal tentatore, Eva, si rivolge allo stesso mondo di prima, ma modifica profondamente l’ordine creato. In lei c’è ora primariamente l’uso dei frutti del giardino, il loro utilizzo: “Allora la donna vide che l’albero era buono da mangiare, gradito agli occhi e desiderabile per acquistare saggezza; prese del suo frutto e ne mangiò” (Gn 3,6). Così il possesso precede ed eccede la partecipazione gioiosa del Dono. Ora c’è la preoccupazione di produrre un’efficenza, potremmo vedere qui la nascita di un’etica che detta le procedure normative per ottenere risultati, una visione questa, che prima non c’era
L’ordine del bene è così trasformato perché lo sguardo è definitivamente cambiato.
Prima c’è la soluzione dell’efficienza e poi addirittura il possesso di una bellezza che ormai appare in un luce diversa da quella originaria. Potremmo dire che qui la razionalità è ridotta al calcolo e all’efficenza e non si chiede nulla di più. La gratitudine che contempla il “donato” il bel giardino è sparita, anzi è superflua. Non serve più un agire che contempla e rispetta, ma ora c’è un agire che usa i frutti del giardino prima ancora di conoscere come stanno veramente le cose e quali sia il loro vero fine. La potenza umana prevale sul senso vero delle cose del mondo.
I santi hanno avuto questo di straordinario, hanno mantenuto fino alla fine dei loro giorni lo sguardo incantato dei bambini, dove la conoscenza del giardino è la loro prima azione nel mondo. Contemplare, ricavando da tale sguardo una conoscenza ben più ampia e articolata di quella che scaturisce dall’uso egoistico delle cose è invece il segreto dei bambini. Essi non sono prigionieri di un interesse di possesso ma sono ancora liberi partecipi come sono di quella libertà propria dello Spirito di Dio che aleggia da sempre sulle acque (cf. Gn 1.2)
…infatti solo lo Spirito di Dio, l’unico che può invadere con dolcezza il nostro cuore, può ridare nuova luce ai nostri sguardi non per dare risposte veloci al nostro bisogno di esistenza ma per ridare senso alle nostre domande originarie.