Dalla tradizione filosofica antica sappiamo che sia Socrate che Pitagora non hanno scritto nulla. Sono stati maestri con la sola parola. Solo in seguito il loro insegnamento fu raccolto e scritto dai loro discepoli ed uditori.
Di Pitagora addirittura sappiamo che i discepoli che avrebbero voluto entrare nella sua scuola avrebbero osservato un lungo periodo si ascolto silenzioso del suo insegnamento (cinque lunghi anni) senza poter dialogare apertamente con il maestro e con i discepoli già accolti nella scuola.
Prima di poter parlare bisognava restare in ascolto. Sappiamo ancora che l’insegnamento pitagorico aveva la particolarità di essere impartito in una forma molto misteriosa. Egli stava all’interno di una tenda, e da li parlava, per cui il discepolo, l’uditore della sua parola, non vedeva mai in faccia il suo maestro.
Da parte sua sappiamo invece che Socrate amava il faccia a faccia e soprattutto il porre continue domande, amava la forma del dialogo come strumento per raggiungere la verità. Ma in definitiva sia Socrate, sia Pitagora, scrissero i loro insegnamenti nella mente dei discepoli, in modo diverso ma sempre puntando allo loro educazione…
Gesù invece non fece così.
Si narra nel vangelo di Giovanni della prima volta che lo incontrò insieme a suo fratello. Essi già discepoli di Giovanni battista, lo seguivano da lontano e quando chiese voltandosi che volessero essi chiesero “dove abiti?” e Gesù li invitò addirittura ad andare a vedere dove abitava. Gesù crea distanze ma le accorciate sapendo bene che essi cercavano l’agnello di Dio. Essi così poterono vedere non solo il suo volto ma sperimentarono anche il suo modo di vivere. …. Che grazia!
Inoltre il Maestro che scrisse solo una volta e per terra (Gv 8,6) utilizzò un preciso modo di espandere il suo messaggio di salvezza. Egli infatti desiderava utilizzare non solo l’intelligenza dei discepoli ma volle che anche il cuore diventasse carta per i suoi pensieri. Egli scelse perciò principalmente di scrivere lì, in una forma nuova, non più su “tavole di pietra” come avvenne per Mosè sul monte, ma ora il suo dito è “sulle tavole del cuore” che vuole scrivere e lo vuole fare per mezzo dello Spirito Santo cioè per mezzo dell’amore.
Gesù ama scrivendo e scrivendo ravviva l’amore in noi.
La scrittura di Gesù ha questo di unico: si compie in una relazione d’amore dove chi ascolta, il discepolo, apre il suo cuore perché il suo dito possa scrivere tutta la sua verità con l’inchiostro rosso del suo Spirito, e poiché questa scrittura è la parola dell’Amato, non può essere dimenticata. Infatti come si fanno a dimenticare le parola dell’amato? Esse non sono suono ma presenza viva ed infuocata in noi.
I santi, i profeti, i martiri, i confessori della fede, sono i portatori di questa scrittura sacra. Anche per san Paolo le cose stanno così quando scrive: “E’ noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2 Cor 3,3).
Oggi ci manca questo tipo di scrittura, mancano cuori che permettono all’amato di scrivere.
Se Socrate e Pitagora scrivevano nella mente con la forza della loro eloquenza umana e i suoi discepoli avrebbero continuato l’insegnamento usando la scrittura e la parola viva e dialogante, per i cristiani le cosse sono diverse. I discepoli di Gesù hanno più ricchezza, perché hanno conosciuto prima una scrittura sulle tavole del cuore come testimonianza interiore dell’amore di Dio, e poi una scrittura sulla carta come ulteriore dono all’intelligenza, perché tutti possano rispondere al comando di Dio di amarlo anche con tutta la mente (Mc 12,30).
Possa il dito di Gesù continuare a scrivere sui nostri cuori e così continuare ad essere luce dl mondo.
“Vous êtes la lumière du monde. Une ville située sur une montagne ne peut être cachée. Et l’on n’allume pas une lampe pour la mettre sous le boisseau ; on la met sur le lampadaire, et elle brille pour tous ceux qui sont dans la maison” (Mt 5).