Ci sono almeno tre cose nella vita che bisogna aver cura (li penso in riferimento al capitolo 25 del vangelo secondo Matteo).
Anzitutto curare il proprio talento. Piccolo o grande che sia. questo non importa. Bisogna sentire l’urgenza e la responsabilità nel non farlo sfiorire, cercando anzi di farlo crescere fruttificare. Sempre, quotidianamente. Per questa via il mondo e la Chiesa scoprono novità e aprono orizzonti.
Poi bisogna mutare lo sguardo sugli altri e sul mondo. Ci vogliono occhiali nuovi. Noi siamo sempre cacciatori della presenza di Cristo e del suo essere mendicante nella storia. Lui ce l’ha detto: in tutto ciò che è indigenza, lontananza, malattia, fame, assenza di calore, di amore, ma anche dubbio, errore, peccato, afflizione, offesa, in tutte queste cose Lui ci attende e si lascia incontrare facendoci scoprire non solo chi è Lui, ma soprattutto chi siamo noi. Gente misericordiosa oppure narcisisti fortemente egoici, bisogna scegliere da che parte stare
Infine, last but not least, il vero segreto dell’esistenza cristiana.
Mai, in nessun caso, neppure quando il fallimento e la persecuzione si affacciano nella propria vita, bisogna perdere contatto con la propria interiorità, lasciarsi andare, non ascoltando più il soffio ristoratore dell’anima. Se ciò accadesse avremmo buttato giù il ponte; quello tra le nostre forze interiori e le azioni quotidiane. Il dire e il fare si animano e si alimentano esattamente a causa di quel ponte.
C’è in una parte del vangelo di Luca, una frase di Gesù, che è illuminante. Parlando con un fariseo Gesù non dice solamente che bisogna essere misericordiosi facendo elemosine in denaro o in beni della terra , ma soggiunge che bisogna dare in elemosina anche ciò che abbiamo dentro perché così si diventa puri, ci si purifica nel cuore. Testualmente: “Date in elemosina quello che c’è dentro, e per voi tutto sarà puro” (Lc 11, 41). La condivisione di ciò che abbiamo dentro (e dunque al di là delle cose materiali) ci spinge a costruirci dentro, a diventare veri, sempre più autentici.
Ad ogni modo, è bene soffermarsi su un fatto: crescita interiore e opere esterne sono da mettere in equilibrio, come due piatti della bilancia. Crescere solo verso l’esterno, verso le cose da fare, i doveri da compiere ed andare avanti ogni giorno seguendo questa direzione, significa trovarsi ad un verto punto vuoti, aridi, rigidi, ripetitivi. Ma anche crescere solamente verso l’interno è un anomalia, perché noi siamo fatti per ‘dare’ e non solo per ingozzarci dentro. Le cose, perciò, vanno tenute assieme in equilibrio armonico. In questo equilibri appare l’uomo e la donna secondo Dio.
A me pare che qui vi sia un legge: più il mondo interiore si arricchisce, più i carismi e i talenti vengono curati e accresciuti e maggiormente si allarga la luminosità delle nostra vita, la bontà non solo tecnica delle nostre opere, il fuoco delle nostre parole. Per questo nella cosiddetta parabola delle ‘dieci vergini’ (Mt 25) il vangelo ci parla ad un certo punto di piccoli vasi pieni di olio che le vergini sagge portano con se per attraversare la notte e alimentare le proprie lampade accese. Quei piccoli vasi indicano la nostra parte di responsabilità della luce. Il dovere di cura della propria luce non è delegabile. Non si chiede ad altri di darci la loro luce altrimenti l’altro resta rabbuiato. E molti oggi sono spenti per tale motivo. Io credo che quei piccoli vasi rappresentano esattamente il nostro quotidiano sforzo di tenere viva la nostra luce, quella che viene da noi e non da altri e che pervade pensieri, opere e parole.
Trascurare tutto il mondo interiore, i personali talenti, smettere di compiere opere giuste, rimandare a tempi migliori i cambiamenti da fare, mettendo sotto il tappeto della vita la sporcizia che viviamo, illudendoci che in questo modo le cose possono andare bene allo stesso modo, è esattamente l’inganno da evitare.
Il buon Dio ci aiuti.



