Quando non ci sono più strade | Edith Stein – filosofa, carmelitana, martire | 1841 -1942 (Auschwitz)

C’è uno stato di riposo in Dio, di totale sospensione  di ogni attività della mente, in cui non si possono più fare piani, né prendere decisioni e neppure fare qualsiasi altra cosa, ma in cui, avendo rimesso tutto l’avvenire al volere divino, ci si abbandona interamente  al proprio destino. 

Questo stato io l’ho provato in qualche modo in seguito a un’esperienza che, oltrepassando le mie forze personali, ha consumato totalmente le mie energie spirituali, sottraendomi ogni possibilità di azione. Se viene paragonato al blocco dell’attività per mancanza di slancio vitale, questo riposo in Dio è un qualcosa di del tutto nuovo e irriducibile. 

Prima c’era il silenzio della morte. Al suo posto si instaura una sensazione di sicurezza intima, di liberazione da tutto ciò che è preoccupazione, obbligo e responsabilità nei confronti dell’agire. 

E, mentre mi abbandono a questa sensazione, ecco che una vita nuova inizia a poco a poco a colmarmi e, senza alcuna tensione della volontà, a spingermi a nuove realizzazioni. Questo afflusso vitale mi sembra travasarsi da una forza attiva che non è la mia, e che poi, senza farmi la minima violenza, diventa attiva in me. L’unico presupposto necessario per una simile rinascita spirituale sembra essere la capacità passiva di accoglienza che si trova al fondo della struttura della persona . 

Nel sentimento di sicurezza che ci coglie proprio nelle situazioni “disperate”, quando il nostro intelletto non vede più alcuna via d’uscita possibile e quando sappiamo che in tutto il mondo non c’è essere umano che abbia la volontà o il potere di consigliarci o di aiutarci, in questo sentimento di sicurezza sentiamo l’esistenza di una forza spirituale che nessuna esperienza esterna ci insegna. 

Non sappiamo che cosa accadrà di noi, davanti a noi sembra spalancarsi un abisso e la vita ci trascina inesorabilmente, poiché ci spinge avanti e non tollera alcun passo indietro; ma mentre crediamo di precipitare, ci sentiamo “nelle mani di Dio”, che ci sostiene e non ci fa cadere. 

E in tale vivere non solo diviene chiara la sua esistenza, ma anche ciò che è, la sua essenza ci diviene visibile nelle sue irradiazioni ultime: la forza che ci sorregge, in cui si annullano tutte le forze umane, che ci regala una vita nuova, quando crediamo di essere morti intimamente, che tempra la nostra volontà, quando minaccia di paralizzarci – questa forza appartiene a un essere onnipotente. Questa fiducia, che ci fa supporre che la nostra vita abbia un senso, anche quando l’intelletto umano non è in grado di chiarirlo, ci fa conoscere la sua sapienza. E la certezza che questo sia un senso di salvezza, che tutto, anche le cose peggiori alla fine servono per la nostra salvezza, e inoltre che questo Essere sommo ha pietà di noi, quando gli esseri umani ci rifiutano, che non conosce in assoluto alcuna infamia, tutto questo ci mostra la sua somma bontà. 

(E. Stein, Introduzione al!a filosofia, Roma 1997, 222-223).