Lettera scritta dall’abate Kuno di Disibodenberg e indirizzata a Ildegarda di Bingen:
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Kuno, indegno abate di Disibodenberg, per quanto poco questo possa significare, augura alla sua amata signora e madre Ildegarda di Rupertsberg la grazia di Dio.
Essendo stato finora trattenuto da varie occupazioni, ho tralasciato per un certo periodo di recarvi visita, di porgervi i miei saluti e di parlare con voi. Ora però colgo l’occasione del momento e mi raccomando alle vostre preghiere con tanto più zelo quanto più sono purtroppo co stretto a riconoscere che, invecchiando, commetto sempre più peccati, anziché progredire operando la giustizia.
Avendo la santità vostra, assistita dal dono dello Spirito, contemplato moltissimi misteri in colui che non inganna né mai ingannerà, io vi prego: se Dio dovesse avervi rivelato qualcosa sul nostro santo protettore Disibodo, manifestatelo dunque anche a me, affinché io non indugi nell’offrirgli devoti inni di lode insieme ai miei confratelli.
Poiché comunque non sono affatto in grado di scrollarmi di dosso con le mie sole forze la pigrizia che abita in me, rivolgo a voi la mia supplica con umile cuore, per intercessione delle preghiere vostre e delle altre sorelle in Dio che condividono con voi la vita monacale.
Raccomando alla preghiera di voi tutte non solo la mia semplice persona, ma anche i fratelli che mi sono affidati e l’intero monastero, così come curo di fare più spesso anche a voce quando verrò da voi.
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Lettera di risposta di Ildegarda di Bingen all’abate scritta dopo aver visto in visione:
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Quanto è grande la stoltezza dell’uomo che, anziché correggere se stesso, va a guardare nel cuore degli altri e, come travolto dall’inarrestabile flusso delle acque, non riesce a trattenere i peccati che vi trova.
Chi agisce così, ascolti la risposta del Signore!
O uomo, perché dormi e non provi gusto per le opere buone che come sinfonia risuonano davanti a Dio? Perché, esaminando la dimora del tuo cuore, non rinunci alla tua impertinente sfrenatezza? Respingendo le mie membra per le loro ferite, tu colpisci me in viso, senza neppure guardarmi in faccia, sì proprio me che riconduco al gregge le pecore smarrite. Dovrai sentirti responsabile dinanzi a me per la dimora del tuo cuore e per la città che ho creato e fatto crescere con il sangue dell’Agnello (si riferisce qui al monastero di Rupertsberg). Come puoi non vergognarti di spezzare la creatura cui tu stesso hai dato la vita? Non la stai ungendo con l’unguento, perché non la proteggi né te ne curi. Vuoi solo correggerla con la forza.
Ora però è giunto il tempo del tuo commiato. Ma Iddio che ti ha creato non vuole che tu vada perduto. Apri dunque gli occhi! (L’abate Kuno morì di lì a poco, all’inizio dell’estate del 1155)
E ora, padre, vengo alla tua richiesta di scriverti se ho contemplato e appreso qualcosa sul vostro santo patrono, il beato Disibodo. Ho visto e udito quanto segue in una visione dello spirito:
(Qui ildegarda declama un inno a san Disibodo) e poi dice:
Ma tu, padre che hai invocato, misera creatura, comportati agli occhi di Dio in modo che, quando saranno compiuti i tuoi giorni in questo mondo, la tua vita continui nella beatitudine eterna e tu possa in mezzo aiuto giusti perché salvati.
(testo in E. Gronau, Hildegard. La biografia, 305ss)



