[…] Invece “da sempre” cioè dall’inizio della mia amicizia con Don Karol, scrivevo a lui, o piuttosto per lui, i miei pensieri, perché avevamo la consuetudine di meditare insieme al mattino, dopo la messa.
Don Wojtyla sceglieva un testo sul quale riflettevamo nel corso della giornata, e ne discutevamo la sera. Se però uno di noi partiva, lui scriveva per me i testi destinati ad ogni giorno, e io da parte mia scrivevo ciò che pensavo su un argomento dato – un po’ come un ‘compito a casa’ – in un quaderno, che gli davo quando lo incontravo. Lo leggeva sempre e a volte faceva le sue osservazioni.
Di quei miei pensieri, scritti per parecchi anni consecutivi, ne ho scelti alcuni ed essi costituiscono i capitoli successivi. La totalità dei testi di un periodo di cinquant’anni sarebbe stata troppo estesa per la pubblicazione e, del resto, erano troppo personali. […]
A quelle annotazioni ho aggiunto, in un certo modo facendo dei passi del tempo, delle considerazioni, che spiegano la connessione dei fatti. […]
Quei testi hanno un carattere diverso, sono le mie lettere, o piuttosto le mie annotazioni, scritte quando ormai Karol Wojtyla era diventato Papa e aveva lasciato Cracovia per sempre. Esse sono così diverse perché – su sua richiesta – contengono descrizioni della natura, descrizione dei luoghi che aveva
amato nelle nostre montagne e che, mentre le chiuse in Vaticano, ricordava. Si interessava quasi di ogni albero, e poiché sono tornata lì molte volte, sono nate le annotazioni, che ho disposto in modo diverso: non in base agli anni ma in base ai mesi, perché la descrizione della natura si ripetevano nel corso dell’anno.
Dunque di quei ventisette anni ho raccolto le annotazioni di ogni mese, secondo il calendario, a partire da settembre, perché il Santo Padre era stato lì l’ultima volta nell’agosto del 1978. […]
Inoltre, il Santo padre scriveva per me i suoi pensieri e, fin dall’inizio della nostra amicizia, lo chiamavamo Fratello; da qui nelle lettere la sua firma abbreviata “Fr.”. Il Santo padre ha letto tutti quei testi li ha provati. In questo libro non c’è nessuna pagina che non sia stata approvata da lui. […]
Prima della morte, ormai imminente, del Santo padre, gli chiesi se dovevo bruciare queste notazioni. Mi rispose “sarebbe un peccato”. Tuttavia esitavo. Ho ricevuto però una risposta dal mio confessore: “le vicende di un santo appartengono alla gente, non sono proprietà privata”. Appartengono alla chiesa. Esse tuttavia restano molto private e in linea di massima avrei preferito che venissero pubblicato dopo la mia morte; però mi hanno persuaso – dunque credo.
(Wanda Póltawska, Diario di un’amicizia, Milano 2010, 15-16)



