“Quando nello spazio pubblico e da parte di chi ha responsabilità della cosa pubblica, e poi dalla stampa e dai mezzi di informazione, la parola è svilita, abusata, manipolata, distorta, utilizzata come arma, allora viene destabilizzato il terreno di intesa democratica.
Non a caso, ogni volontà dittatoriale inizia con l’uccisione della parola. Ma se la dittatura schiaccia la parola alla sua fonte distruggendola in radice, la modernità la fa proliferare in maniera incontrollata, la svuota dall’interno, l’inflazione fino a banalizzarla e a suscitare indifferenza per essa.
Privata la parola del suo potere, sorge la tentazione di sostituirla con l’affidamento alla parola del potere, alla parola del capo. Dove non è più importante la parola e il suo contenuto, ma il capo che pronuncia quel che vuole.
La difesa della democrazia è anzitutto difesa della parola perché ‘con la falsificazione della parola ogni altra cosa viene tradita’ (Ezra Pound) e, soprattutto, viene minata alla radice la fiducia.
“Quando la lingua si corrompe, la gente perde fiducia in quello che sente, e questo genera violenza”, ha scritto il poeta Vista Hugh Auden. La fiducia è legata all’uso della parola: se la parola mente e manipola, nascono confusioni, smarrimento e sfiducia. Si rischia di scoraggiarsi, di dire “non ne vale la pena”, “non c’è niente da fare”. L’ esisto a livello psicologico e sociale è il senso di impotenza, e a livello politico, l’affidarsi all’ “uomo forte”.
[…] Ma lo scempio della parola passa attraverso molte vie. Per esempio, la riduzione della parola a scherno o a barzelletta. […] Il culmine lo si raggiunge con la menzogna, ovvero con le tante forme del mentire: occultamento della verità, distorsione del significato degli eventi, presentazione come veri di fatti non veri.
Tuttavia, nel perverso sistema di comunicazioni una menzogna ripetuta e ribadita diventa verità, o meglio, ha il potere di intervenire sulla realtà, fino a scatenare una guerra con un ampio consenso”.
(Luciano Manicardi, Verso un etica della parola, Ed. Qiqajon, 2015, 12-15).