C’è una fondamentale differenza tra individuare un problema e porre una domanda. Come c’è differenza tra attendersi delle conseguenze necessarie e scoprire una nuova visione del mondo e della storia che diventa una grande luce per le nostre scelte quotidiane.
Ma mentre ai problemi, come intoppi nella grande macchina della vita, ci siamo più o meno abituati alle domande abbiamo perso l’abitudine. Ai problemi infatti ci si rivolge con apprensione e a volte con preoccupazione, perché la direzione del cammino si è – per così dire – rallentata o interrotta, poiché la vita non è più come dovrebbe essere. Mentre le domande possono benevolmente essere accantonate.
Ma se procediamo sempre così, vivendo secondo necessità mancate o attuate, il nostro mondo non può essere governato veramente. Esso ci sfugge di mano, anzi, si allontana da noi e noi diventiamo un’ingranaggio di esso. Noi non siamo più, come dice Genesi, signore del creato. In quel libro l’uomo non è appiattito sullo stesso livello del mondo ma è il Signore stesso a definire il suo rapporto con la ‘terra’ chiedendo di: “soggiogarla e dominarla” (cf. Gn 1,28). L’uomo, sempre secondo Genesi, è colui che dona il nome a cose e animali (cf. Gn 2,19) è cioè è padrone e signore di ogni essere vivente. Padrone e Signore secondo l’ordine stabilito dal creatore.
Ecco perché la domanda è molto più che la scoperta di un problema.
Domandarsi, chiedersi circa il senso delle cose e della loro esistenza, come pure chiedersi dell’andamento attuale della storia, significa non lasciarsi dominare mai dagli eventi, ma seguendo la luce dello Spirito, aprirsi al nuovo che ancora non è sulla terra. I santi e persino i martiri, hanno avuto questa forza.
Ora c’è un domandarsi che attinge ad una duplice ‘luce’.
C’è quello che proviene dalla sola ragione (lumen rationis appunto) e quello che non attinge solo dentro di noi, ma nasce dal confronto con quella luminosità insita nell’intera storia della salvezza e fissata nella parola scritta di Dio. Qui ogni domanda si amplifica e si approfondisce , qui il lumen rationis si amplifica e si approfondisce nel lumen fidei.
Ora domandarsi è come respirare con due polmoni, e diventa un guardare verso vie nuove che i problemi in sé non vedono ne presuppongono. Si raggiunge così la possibilità di superare quella direzione interna propria delle necessità o alla routine della ripetitività dei gesti. Questo tipo di domanda, intessuta di ratio e di bibbia, dona gioia al cuore e luce agli occhi, aprendo ogni buona razionalità al nuovo, perché dice sempre e molto più di ciò che il mondo vive e perciò dice.
Nel domandarsi alla luce di Dio abita il segreto delle nuove vie del cammino dell’uomo.
“Questo è uno degli aspetti più preoccupanti della cultura contemporanea che è al tempo stesso ricchissima e povera; ricchissima di problemi, di discipline, di indagini, di risultati, di prospettive ma povera di domande, povera di consapevolezza filosofica, povera di profondità” (Carlo Sini)